Recarsi dentro per trovare nuovo spazio, un percorso di mediazione
Un’esperienza che profuma di antico
Recentemente, ha avuto luogo un’esperienza mediativa in condominio. Non si è trattato del solito rumore, delle solite briciole buttate, no qui si parla e si affronta il “come sto” in uno spazio.
Più o meno sentito, abitato, vissuto.
Si presentano in due nel nostro studio associativo, sono una coppia, ma parla prevalentemente lei. racconta del vissuto di fastidio, di rabbia relativo ai vicini di casa, pare di provenienza albanesi.
Sembra un fiume in piena: ha fatto ricorso dapprima alla polizia locale, poi alla polizia, infine si è fatta prescrivere un referto medico per poi rivolgersi all’avvocato. Ascolto, medito, sembra tutto molto drammatico.
Poi si decide la strada: la mediazione è percorso volontario, nè breve nè lungo, decide la persona, ma può donare strumenti e risorse inediti.
Detto, fatto: la prima seduta avrà inizio. A casa, perchè è così che funziona, come se il Mediatore fosse uno di casa, un vero Osservatore partecipante.
Accolgo il caos della rabbia, della paura, del senso di colpa perfino; emerge la figura di un cane vissuto con grande affetto, scomparso da qualche mese, che ha lasciato in Veronica un tremendo vuoto.
Rumori? sì, come grida, battiti, tonfi, sono riferiti così dalla parte committente.Non esiste giusto e sbagliato, non esiste nemmeno è vero o non lo è: si assume che tutto sia vero. Poiché la verità viene posseduta da tutti, anche da coloro i quali non vogliono o non se la sentono di accogliere il percorso mediativo. “Siete pazzi, lei è così,….è tutto strano…”sono epiteti tutti da mettere nel cestino-contenitore del Disagio “buono”, quello con cui proveremo a miscelare gli ingredienti e ad estrarre il succo del rinnovamento.
Qualcuno mi chiede: cosa dovrei cambiare? Nulla, se non entrare meglio in te.
Davvero? Eh sì, Veronica pare stranita, eppure è così: non stravolgiamo la nostra esistenza se prima non impariamo a riflettere e sentire da dove origina la fonte del nostro disagio. Interviene anche il mio collega, che avrà una parte privilegiata nell’occuparsi del dolore per la perdita dell’amato animale.
“Allora hanno accettato?”. chiede trafelata e speranzosa V. “No, chioso io— non desiderano entrare in mediazione. staranno alla finestra”. Sì, lo so, non è facile, eppure accogliere un NO equivale a percepire il nostro valore e trovare strade per poter affrontare il rumore. Quest’ultimo non è solo fonte di sofferenza, ma è la radice da cui tutto parte. Si vorrebbe silenzio, vuoto, come una pagina bianca, una tazza di latte senza alcuna sfumatura.
Il Mediatore non ha il potere di far cessare il rumore proveniente di là: ma è esso stesso la fonte del possibile cambiamento.
Chi sei’ come era la tua famiglia? quali schemi esistevano? e le mappe di valori? Sono domande fondamentali che consentono di aver accesso a tutta quella serie di informazioni che gli antropologi definiscono Fonti. Effettuata questa prima consulenza, entra in campo il mediatore, che mette in atto quella che viene chiamata “mediazione indiretta”: una sorta di dialogo aperto e in stretta connessione con l’altro IO, per quanto possibile, che ci appare come distante e che invece, cela stati d’animo ed emozioni recondite.
In fondo se una musica, un gioco danno fastidio, dovremmo chiederci prima di tutto…perchè? e se questo procura odlore, mentre lo facciamo, allor ail mediaotre propone un diversivo, utile a sintonizzarsi sulle onde del corpo e delle emozioni stesse.
- Puoi danzare in casa tua;
- puoi massaggiare il tuo compagno o viceversa;
- puoi anche scendere e fare due passi.
Non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo fissarci su un particolare, seppur fastidioso e apsettare che questo passi; occorre cavalcare lì’onda. Essere saltatori di ponti; trampolieri di parole, acrobati del suono, scendendo le scale del proprio Io.
Veronica impara a camminare passi nuovi nella sua giornata.
Arriva il momento della lettera mediativa da lasciare alla signora straniera, sotto la porta. così, come un gesto d’altri tempi. La risposta arriva e non tarda; la trovo nella mia casella; non Veronica no, non era ancora pronta. Ma loro si accorgono del lavoro svolto da noi membri di aps Mondattivo, qualcosa nell’equilibrio di modifica. La signora albanese pare collaborare. Solo il marito è restio; i rumori sono ormai solo i suoi, comprendo si tratta di un retaggio culturale difficile da scardinare.
Grazie mall’ascolto attivo, strumento efficace, ad una buona dose di empatia e alla partecipazione creativa i risultati stanno arrivando.
La coppia però ora subisce il primo colpo; si necessita anche una mediazione di coppia, non infrequente in questi casi. E’ fondamentale guardarsi negli occhi, non fuggire, ma anzi leggere le emozioni dell’altro-a. Si tratta di passare il guado.
Il potere della mediazione è anche questo: sollevare le tovaglie dell’usuale, del quotidiano, proponendo altre strategie, donando luce a ciò che era sotto …poi ci si ferma, si tira il fiato e si può scoprire di volersi fermare. Di non accogliere tutto; di non provare l’ultimo passo, quello più arduo. Accogliere la brutta parola, il giudizio, non tutti possono, non tutti sentono. Al mediatore il compito di permettere la sosta.

Che sia temporanea o definitiva. E’ tutto il meglio possibile che la persona può donarsi e concedersi, con l’aiuto del facilitatore.
Questa è una novità dal fronte.
Lui è qui e il mondo è vivo.
La cosa più importante è che è speciale.
Potrebbe essere oggi! 🤔 ❣️❣️🤔🫣🤣❣️
Grazie della condivisione.
Da questo racconto si capisce bene come la mediazione può essere utile in molti casi che accadono nel quotidiano
Grazie della condivisione.
E’ un esempio che dimostra come la mediazione possa essere molto utili in tanti casi del quotidiano, come nei problemi con il vicinato che sono purtroppo sempre più frequenti.
..lo spazio della mediazione apre a soluzioni inedite..